Il senso di leggere e raccontare – appunti dal secondo reading
Domenica scorsa – 11 dicembre – si è svolto il secondo appuntamento del ciclo di letture Raccontando un libro organizzato insieme agli amici del Vento dello Stretto.
In fondo, quello che facciamo in queste occasioni ha qualcosa di simile a quanto avveniva quando le storie hanno iniziato a diffondersi. Si dice che la narrativa sia nata davanti a un fuoco, attorno al quale viandanti, spesso cacciatori, si riunivano appunto per raccontare storie. Lo facevano per rilassarsi, per divertirsi – mancava ancora molto all’invenzione del teatro, per non parlare della tv – e per trasmettere quello che avevano imparato.
Quando leggo brani di un romanzo, e ne parlo, davanti a un pubblico, naturalmente cerco di trasmettere sia le stesse emozioni che ho provato a caldo, leggendo quell’opera per la prima volta, sia il risultato delle riflessioni che poi ho fatto sugli stessi brani.
Finora credo di esserci riuscito e il secondo appuntamento di Raccontando un libro, dedicato a García Márquez, è andato anche meglio della prima; c’era più gente venuta a assistere, eravamo organizzati meglio per quanto riguarda luce e audio, io stesso mi sentivo più a mio agio. Eppure, proprio mentre leggevo e raccontavo L’amore ai tempi del colera ho capito di aver fatto uno sbaglio.
Organizzando questo ciclo di letture mi ero chiesto quali fossero le persone che avrebbero potuto essere interessate a questo tipo di evento. Ho dato per scontato che sarebbero stati gli adulti, e che maggiore fosse stat a l’età dei partecipanti, più questi si sarebbero lasciati coinvolgere.
Invece, mentre raccontavo di Florentino Ariza e del suo amore impavido per Fermina Daza, mi sono reso conto, guardando il pubblico, che gli occhi che si sono mostrati più attenti, dall’inizio alla fine, appartenevano alla spettatrice più giovane. Tanto giovane da essere probabilmente l’unica minorenne presente in sala. Il complimento che più mi ha reso felice è arrivato, al termine dell’incontro, proprio da questa ragazza, che si è avvicinata e mi ha detto: La devo ringraziare (chiaramente avrei preferito avesse usato il tu, ma questo è un dettaglio) perché mi ha fatto ridere, mi ha fatto provare dispiacere per il protagonista, mi ha fatto appassionare alla sua storia.
Fortunatamente, siamo riusciti a perpetrare la tradizione di leggere e raccontare storie per trasmettere qualcosa.
La prossima lettura, che chiuderà il trittico di Raccontando un libro, sarà dedicata a Lo scrittore fantasma di Philip Roth.
Parleremo dell’incontro tra uno scrittore esordiente e il suo mentore, e parleremo molto dell’arte di scrivere.
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