A proposito di incipit – come inizia Una storia tra due città
Si potrebbero descrivere i lettori in due gruppi: quelli che scelgono cosa leggere in base all’immagine di copertina, al titolo o alla sinossi, e quelli che in libreria non possono fare a meno di aprire il volume che hanno tra le mani per leggere il primo periodo o la prima pagina.
Agli appartenenti al secondo gruppo non interessa tanto sapere di cosa parla l’autore, quanto come parla. Vogliono assaporarne la voce, perché, se lo sceglieranno, procederanno insieme per un percorso di qualche centinaio di pagine.
Esistono incipit così famosi da essere noti anche a chi non ha letto la relativa opera, come per esempio: Chiamatemi Ismaele (da Moby Dick); Per molto tempo, mi sono coricato presto la sera (dalla Recherche di Proust, ripreso da Sergio Leone in C’era una volta in America); Tutte le famiglie felici si assomigliano tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo (da Anna Karenina).
Dell’importanza dell’inizio di una storia ha trattato Italo Calvino nelle sue Lezioni americane (vedi qui) (nell’appendice intitolata Cominciare e finire; molto famoso è il suo discorso sul momento del distacco dalla molteplicità dei possibili).
In realtà praticamente ogni autore (da Flaubert a Raymond Carver, da Čechov a Jack London) ha sottolineato quanto sia fondamentale un buon incipit.
Parecchi testi forniscono suggerimenti per ottenere un buon incipit, oltre naturalmente a un elenco dei modelli possibili, ma questa sezione del sito non offre indicazioni simili; si propone invece di effettuare consigli di lettura che sfruttino proprio le parole dell’autore – senza aggiungere particolari analisi del testo né considerazioni su cosa volesse dire l’autore –, come se chi legge potesse tenere il libro in mano e assaporarne l’inizio.
Il secondo libro di cui si propone l’incipit è uno dei romanzi più famosi di Charles Dickens: Una storia tra due città.
Una storia tra due città (a volte tradotto col titolo Racconto di due città) è un romanzo ambientato tra Parigi e Londra durante la Rivoluzione francese e il regime del terrore; è uno dei due romanzi storici scritti da Dickens; è un romanzo con una tiratura di circa 200 milioni di copie; soprattutto è un romanzo che inizia così:
Erano i giorni migliori, erano i giorni peggiori, era un’epoca di saggezza, era un’epoca di follia, era tempo di fede, era tempo di incredulità, era una stagione di luce, era una stagione buia, era la primavera della speranza, era l’inverno della disperazione, ogni futuro era di fronte a noi, e futuro non avevamo, diretti verso il paradiso, eravamo incamminati nella direzione opposta. A farla breve, era quello un tempo così simile al nostro che alcune tra le voci più autorevoli, quelle che strillavano, insistevano a giudicarlo, nel bene e nel male, solamente per superlativi.
Un re c’era, allora, sul trono d’Inghilterra, un re con la mascella quadrata, e una regina con una faccia comune. Un re c’era, sul trono di Francia, un re con la mascella quadrata, e una regina con un bel viso. In entrambi i paese era chiaro come il sole ai signori dello Stato preposti alla distribuzione dei pani e dei pesci che le cose, in genere, erano state stabilite una volta per sempre.
Per leggere altri incipit:
Come inizia Cent’anni di solitudine