Marcello Fois: la letteratura è inquietudine

Ho avuto il piacere di ascoltare Marcello Fois durante la presentazione del suo romanzo Luce perfetta. In quell’occasione, l’autore sardo (di cui si possono leggere i consigli di lettura su tredici romanzi gialli qui), partendo dall’opera – ultimo capitolo della trilogia composta da Stirpe e Nel tempo di mezzo – regalò ai presenti un’interessante digressione sul cinema, sull’edilizia, sulla memoria, sullo spazio e sul tempo, e, naturalmente, sulla letteratura.

La sua conoscenza della materia letterarie e le sue riflessioni trovano spazio nel Manuale di lettura creativa, edito da Einaudi e diviso in quattro sezioni: Confessioni; Genere; Radici; Ossessioni.

Nella prima – tra gli altri argomenti – Marcello Fois riprende Kafka per sottolineare l’importanza dell’inquietudine:

La letteratura, dunque – ribadisce fra gli altri Kafka -, dovrebbe prendersi, o meglio riprendersi, il diritto di generare inquietudine.
[…] La letteratura non è la politica, che dovrebbe trovare un punto di contatto tra posizioni anche distanti, e non è il giornalismo che dovrebbe assoggettarsi alla realtà, anche quando la notizia non è eclatante. La letteratura è, appunto, inquietudine: interruzione dello stato in cui ci troviamo prima di affrontarla. I segnali sono chiari.
Uno: se dopo la lettura di un romanzo siamo esattamente come, e dove, eravamo prima, si può affermare, con buona approssimazione, che abbiamo consumato <<letterarietà>>, qualcosa che ha l’aspetto, qualche volta anche l’atteggiamento della letteratura, senza averne il senso, e cioè l’inquietudine.
Due: se riguardo a un romanzo, o presunto tale, tantissime persone sono completamente d’accordo col suo contenuto, si può affermare, con buona approssimazione, che ci troviamo di fronte a un prodotto paraletterario, costruito per il tempo in cui deve essere consumato, ma incapace di procedere oltre.
Tre: se un romanzo, o presunto tale, agisce da analgesico, da oppiaceo contro la realtà, si può affermare che ci troviamo di fronte a un placebo e non, come dovrebbe, a un medicinale, nel senso che alla letteratura spetta generare anticorpi e non anestetizzare.
[…] L’inquietante della letteratura è che non è perfetta, non è pacificante, non è attuale. In qualunque classico immortale queste tre caratteristiche sono assolutamente incontrovertibili.

 

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