Le otto montagne di Paolo Cognetti
Leggendo Le otto montagne di Paolo Cognetti mi è spesso tornata in mente la canzone Giulio Cesare, di Antonello Venditti, per la frase e mio padre una montagna troppo alta da scalare.
Il protagonista, e narratore, de Le otto montagne si chiama Pietro, e raccontandoci del suo rapporto con la montagna ci racconta – o meglio, in questo caso, si racconta, per capirlo meglio – il rapporto col proprio padre.
Questo padre, Giovanni Guasti, è nato in montagna, si è spostato a Milano (dove Pietro è nato) ma non si è mai abituato alla città e alla gente, e appena può parte per la montagna. Non punta alle comode vette da mille o duemila metri preferite dalla moglie, la madre di Pietro; Giovanni Guasti punta ai Quattromila, le vette più difficili, più famose, quelle dei ghiacci perenni.
A proposito del padre, Pietro ci dice una cosa che vale per ogni uomo, e soprattutto per ogni narratore.
Avevo già imparato un fatto a cui mio padre non si era mai rassegnato, e cioè che è impossibile trasmettere a chi è rimasto a casa quel che si prova lassù.
Pietro lassù inizia a salire presto. Comincia a affezionarsi alla montagna da bimbo, in montagna scopre un padre diverso da quello che in città lotta contro tutto e tutti, e in montagna trova il suo primo vero amico, Bruno. Ma già dalla tarda adolescenza, Pietro inizierà a disaffezionarsi alla montagna, le sue ultime estati a Grana le passerà più nei bar che a girare per i sentieri, e verso i vent’anni troverà altri luoghi dove trascorrere l’estate. Lascerà anche Milano, trasferendosi a Torino, mettendo nei confronti del proprio padre una distanza superiore a quella esclusivamente chilometrica.
Sarà la morte del padre, a riportare Pietro in montagna (tale morte avviene abbastanza presto, nel romanzo, e lo stesso Cognetti, presentando l’opera, vi fa riferimento). Il protagonista si ritroverà proprietario di un terreno di quattro metri per sette, proprio sulla montagna della sua infanzia, e di tre muri malconci, vicini alla parete di roccia, e, con l’aiuto di Bruno (che in realtà organizzerà, dirigerà e farà la maggior parte dei lavori) vi costruirà una casa. Durante i lavori Pietro scoprirà di nuovo la montagna, ma non è destinato a restare lì. La sua vita sarà contraddistinta da partenze e ritorni, da periodi in città, e da viaggi verso montagne diverse, molto lontane, in Nepal, e proprio lì un vecchio gli parlerà delle otto montagne. Per i buddhisti, al centro del mondo si trova un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Qualcuno arriverà direttamente in cima al Sumeru, qualcun altro dovrà fare il giro delle otto montagne.
Non si svela troppo dell’opera dicendo che il destino di Pietro sarà proprio compiere questi giri, per trovare la propria strada, o la propria vetta.
Cognetti ci parla di montagna in termini assolutamente reali, facendoci sentire il rapporto fisico con tutto il mondo che racconta, ricordandoci l’importanza dei nomi, ma ci parla anche, in fondo, delle nostre stesse vite, anche se qualcuno di noi in montagna non c’è mai stato.
Le otto montagne è un romanzo sulla ricerca, sui rapporti, sulla solitudine; tutte cose con cui ognuno di noi farà i propri conti.
Consigli di lettura su altre opere di formazione:
Educazione di una canaglia di Edward Bunker
Il bar delle grandi speranze di J.R. Moehringer
Ballard che tu hai elegantemente analizzato è anche autore de L’Impero del Sole da cui nel 1987 è stato tratto un film di Spielberg.
Il film ha grande finezza e profondità emotiva. La colonna sonora ,Sou Gan ,è una ninna nanna di anonimo. Splendida per la sua dolcezza. Mi permetto di consigliare la visione.