Quel che resta del giorno – Kazuo Ishiguro
Quel che resta del giorno è il terzo romanzo dello scrittore giapponese naturalizzato britannico Kazuo Ishiguro, pubblicato nel 1989 e vincitore del Booker Prize nello stesso anno.
Il protagonista si chiama Mr. Stevens, ed è anche il narratore dell’opera. Mr. Stevens ha dedicato tutta la vita a svolgere bene il proprio lavoro, tanto da essere il proprio lavoro.
Un maggiordomo di un qualche valore deve vedersi
come appartenere al ruolo che ricopre, totalmente e completamente; non lo si deve veder mettere da parte quel ruolo ad un certo momento, per tornare ad indossarlo di nuovo il momento successivo quasi non fosse niente altro che un costume da pantomima. Vi è una situazione ed una soltanto nella quale un maggiordomo che abbia a cuore la propria dignità può sentirsi libero di sgravarsi del proprio ruolo, e cioè quando sia completamente solo.
Mr. Stevens è appunto un maggiordomo, e ha svolto buona parte della sua vita professionale a Darlington Hall, alle dipendenze di Lord Darlington. Quando il romanzo inizia siamo nel secondo dopoguerra, Darlington Hall è stata da poco acquistata da un americano, Mr. Farraday, e Mr. Stevens sta per avere una settimana di vacanza, di fatto la prima della sua vita. La trascorrerà raggiungendo la Cornovaglia, per godere di quei paesaggi di cui ha solo letto, ma soprattutto per incontrare Miss Kenton.
Miss Kenton, negli anni trenta, ha lavorato a lungo a Darlington Hall. Stevens era il maggiordomo, lei la governante, e tra i due si è creato un legame caratterizzato da alti e bassi, e soprattutto da un formalismo molto lontano dalle abitudini del lettore medio contemporaneo. Nonostante questo, il rapporto con la donna è stato il più profondo mai creato da Stevens con un altro essere umano.
Durante il viaggio Stevens avrà molte occasioni di ripercorrere la sua vita, raccontandocela. Lo sentiremo riflettere spesso su cosa significhi essere un “grande” maggiordomo, e scopriremo che per diventarlo ha affrontato varie prove. La narrativa deve tendere i suoi elastici, e così i due momenti forse più importanti della vita dell’uomo sono caduti in contemporanea con lo svolgimento di importanti ricevimenti, occasioni fondamentali per il maggiordomo per mostrare il proprio valore.
Per esempio, molti anni prima, si svolse a Darlington Hall un importante ricevimento – con ospiti come un senatore americano e un politico francese – la cui buona riuscita, secondo Lord Darlington, avrebbe potuto influenzare la scena politica europea. Proprio nelle stesse giornate del ricevimento, il padre di Stevens, a sua volta alle dipendenze di Lord Darlington, ormai con un incarico molto meno prestigioso di quello del figlio, stava morendo, nella sua piccola stanza in mansarda.
Se tenete presente le pressioni che gravarono su di me quella notte, è possibile che voi non riteniate che mi stia indebitamente illudendo se mi spingo fino a formulare l’ipotesi di aver forse evidenziato, nonostante tutto, almeno in modesta misura, una <<dignità>> all’altezza di personaggi quali Mr. Marshall – o, se è per questo, anche mio padre. E in verità, perché mai dovrei negarlo? Pur con tutti i motivi di tristezza ad essa legati, ogni qualvolta ripenso oggi a quella serata, mi accorgo di farlo con un grande senso di trionfo.
Purtroppo per lui, proprio durante il suo viaggio e le varie occasioni di riflessione, Stevens capirà che quelli che ha a lungo reputato i suoi trionfi non sono tali, e si spaventerà all’idea di come ha trascorso la propria esistenza.
Sua signoria è stato un uomo coraggioso. Ha scelto un certo percorso, nella sua vita, che si è rivelato un percorso sbagliato; ma era quello che aveva scelto, così almeno può dire. Perché io, invece, non posso nemmeno asserire questo. Vedete, io <<mi sono fidato>>. Mi sono fidato della saggezza di sua signoria. Tutti gli anni nei quali sono stato al suo servizio, ho creduto davvero di fare qualcosa di utile. Non posso nemmeno affermare di aver commesso i miei propri errori. E davvero – uno deve chiedersi – quale dignità vi è mai in questo?
Stevens arriva a porsi questa domanda al termine di sei giorni di viaggio, che Ishiguro ci narra con grande maestria, alternando fatti e incontri che avvengono nel presente di Stevens – memorabile la scena della sera del terzo giorno, quando a Moscombe tutti i cittadini scambiano Stevens, a causa dei suoi modi, per un lord o un duca – a lunghi momenti ambientati nel passato.
Quel che resta del giorno ci ricorda l’inesorabilità dello scorrere del tempo e delle conseguenze delle nostre scelte, ma soprattutto ci ricorda, una volta di più, che non è mai troppo tardi per cambiare la direzione della nostra vita.
Dal romanzo è stato tratto, nel 1993, l’omonimo film, con Anthony Hopkins e Emma Thompson nei ruoli di Stevens e Miss Kenton. La pellicola ha ricevuto ben dieci nomination all’Oscar, pur non vincendo alcuna statuetta.
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