Yearly Archive: 2017
Le otto montagne di Paolo Cognetti
Leggendo Le otto montagne di Paolo Cognetti mi è spesso tornata in mente la canzone Giulio Cesare, di Antonello Venditti, per la frase e mio padre una montagna troppo alta da scalare. Il protagonista, e narratore, de Le otto montagne si chiama Pietro, e raccontandoci del suo rapporto con la montagna ci racconta – o meglio, in questo caso, si racconta, per capirlo meglio – il rapporto col proprio padre. Questo padre, Giovanni Guasti, è nato in montagna, si è spostato a Milano (dove Pietro è nato) ma non si è mai abituato alla città e alla gente, e appena può parte per la montagna. Non punta alle comode vette da mille o duemila metri preferite dalla moglie, la madre di Pietro; Giovanni Guasti punta ai Quattromila, le vette più difficili, più famose, quelle dei ghiacci perenni. A proposito del padre, Pietro ci dice una cosa che vale per ogni uomo, e soprattutto per ogni narratore. Avevo già imparato un fatto a cui mio padre non si era mai rassegnato, e cioè che è impossibile trasmettere a chi è rimasto a casa quel che si prova lassù. Pietro lassù inizia a salire presto. Comincia a affezionarsi alla montagna da bimbo,…
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La definizione di arte e narrativa secondo la grandissima Flannery O’Connor
Flannery O’Connor (1925-1964) è stata una delle scrittrici più importanti del secolo scorso, nonostante abbia iniziato a soffrire fin dai venticinque anni di una malattia cronica autoimmune – lupus eritematoso sistemico – che l’ha portata alla morte prima di compiere i quaranta. Flannery O’Connor è nata a Savannah, in Georgia, e essere un abitante del Sud, prima ancora che una scrittrice del Sud, è una caratteristica fondamentale della sua narrativa. Ha scritto due romanzi e una trentina di racconti (in Italia, un’edizione della Bompiani li raccoglie tutti), ed è stata invitata spesso a tenere conferenze all’interno di scuole e università. Il volume edito da minimun fax, intitolato Nel territorio del diavolo – Sul mistero di scrivere comprende alcuni interventi dell’autrice. Rivolgendosi agli studenti di un corso di scrittura, Flannery O’Connor definì il proprio concetto di arte: […] A questo punto sarà meglio che mi fermi e spieghi l’uso che faccio della parola arte. Arte è una parola davanti alla quale la gente batte subito in ritirata, perché troppo altisonante. Ma io, per arte, intendo semplicemente scrivere qualcosa che sia dotato in sé di valore e di efficacia. Base dell’arte è la verità, nella sostanza come nella forma. Chi nella propria opera…
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La concezione del dolore secondo David Lynch
David Lynch è regista e sceneggiatore di film noti per la componente surrealista, le sequenze oniriche e l’uso di simboli di difficile interpretazione. Ancora oggi, sul web, fan accaniti e spettatori occasionali discutono sul significato dei suoi film, anche di quelli usciti più di trent’anni fa. Lynch è decisamente restio a parlare dei suoi film; ad esempio non ha mai voluto commentare il significato della chiave e della scatola di Mulholland Drive, anche se in riferimento allo stesso film ha indicato una lista di dieci indizi (dieci domande) per la comprensione dell’opera. Il suo atteggiamento ha aumentato l’alone di mistero che avvolge la sua produzione, e anche numerose critiche. Nel 2006 Lynch ha pubblicato In acque profonde, libro che raccoglie le sue riflessioni sulla vita, sul cinema, sulla meditazione e sulla creatività. Nell’opera Lynch conferma la riluttanza a parlare dei suoi lavori: I commenti del regista aprono la strada alla possibilità che il pubblico cambi la propria interpretazione della cosa in assoluto più importante: il film. Non sminuisco affatto l’importanza di raccontare gli aneddoti che circondano un film, ma commentarlo durante le riprese è un sacrilegio. Penso invece che bisognerebbe cercare di guardarlo tutto dall’inizio alla fine, possibilmente in…
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Un nome da torero – Sepulveda riporta un suo personaggio in Cile
Un nome da torero, pubblicato nel ’94, è il terzo romanzo dello scrittore cileno Luis Sepulveda . Dopo due opere dedicate soprattutto all’ambiente (nello specifico il rispetto per la foresta Amazzonica ne Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, di cui abbiamo parlato qui, e la caccia illegale alle balene ne Il mondo alla fine del mondo) Sepulveda passa a un romanzo che strutturalmente può essere definito un noir e che soprattutto è caratterizzato da un forte respiro autobiografico. Juan Belmonte, omonimo del torero citato da Hemingway in Morte nel pomeriggio, è un ex guerrigliero cileno che vive nella Berlino ormai liberata dal Muro, lavora come buttafuori in un locale a luci rosse e si scontra spesso con un gruppo di razzisti. L’incarico di recuperare le monete facenti parte della Collezione della Mezzaluna Errante, trafugate in Cile durante la seconda guerra mondiale, dà a Belmonte la possibilità di tornare in patria (lo stesso Sepulveda fu costretto a restare lontano dal Cile per dodici anni) e di cercare la donna che ama, Veronica. Noi lettori seguiremo Belmonte fino alla Terra del Fuoco, e noteremo come tutti i personaggi il cui destino gravita attorno alle monete da recuperare siano stati segnati in maniera indelebile,…
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Il filo che ha unito le letture di Raccontando un libro
Domenica 22 gennaio, con il reading dedicato a Lo scrittore fantasma di Philip Roth, si è concluso il trittico di letture raccontate organizzate dal sottoscritto insieme agli amici del Vento dello Stretto. Prima che iniziasse questa avventura, e anche durante, qualcuno mi ha chiesto perché avessi scelto proprio quei romanzi, e cosa li unisse, e adesso ho deciso di scrivere qualcosa in merito. Innanzitutto, ho scelto di leggere davanti a un pubblico Per chi suona la campana, di Ernest Hemingway, L’amore ai tempi del colera, di Gabriel García Márquez, e appunto Lo scrittore fantasma, di Philip Roth, perché sono tre romanzi che ho amato, da lettore, che mi hanno colpito, da aspirante scrittore, e ho cercato di trasmettere le emozioni che queste opere mi hanno fatto provare. Però c’è anche dell’altro. Nell’ordine, abbiamo letto una storia di guerra, una storia d’amore e una storia che parla di scrittura. Naturalmente, e lo abbiamo visto insieme nei relativi appuntamenti, Per chi suona la campana, L’amore ai tempi del colera e Lo scrittore fantasma sono molto più di questo, ma volendo fare una sintesi brutale possiamo definirli proprio così: una storia d’amore, una storia di guerra e una storia che parla di scrittura. Guerra, amore, scrittura; un percorso un pò strano. Cosa…
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Philip Roth e Lo scrittore fantasma
Molti critici di settore considerano Philip Roth, nato a Newark nel ’33, il più importante autore vivente. Ci si aspettava andasse a lui il Nobel per la Letteratura andato invece a Bob Dylan, e in realtà Roth fa parte di quella cerchia di autori che sono in odore di Nobel da tanti anni e ancora non l’hanno vinto. Nobel a parte, Roth (di cui abbiamo parlato anche qua) ha ricevuto i più importanti riconoscimenti che esistono in campo letterario: ha ricevuto il Premio Pulitzer, il Premio PEN/Faulkner, ha ricevuto la Medaglia d’Oro per la Narrativa, il premio più prestigioso conferito dall’American Academy of Arts and Letters. Oltre a essere osannato dai critici è amato dai lettori, infatti ha venduto milioni di copie. È uno scrittore molto prolifico, ha pubblicato più di venti romanzi, fra i quali due dei più famosi sono Pastorale americana e La macchia umana. Sono due storie distinte e separate; condividono alcuni argomenti perché sono gli argomenti a cui Roth è più sensibile, ma sono, ripeto, due storie distinte e separate. Pastorale americana racconta di Seymour Lenov, detto lo svedese, e della sua famiglia; La macchia umana invece è la storia del professor Coleman Silk e del…
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Stephen King sul luogo in cui scrivere
Stephen King non ha scritto solo narrativa di genere di grande successo (Carrie, Shining, It, Misery); è anche autore di opere più “letterarie”, come i racconti contenuti nella raccolta Stagioni diverse, da cui sono stati tratti i film Le ali della libertà e Stand by me – Ricordo di un’estate. Nel 2000 King ha pubblicato On Writing: Autobiografia di un mestiere. L’opera, che in parte racconta la vita dello stesso King e in parte è un manuale di scrittura, viene tutt’oggi consigliata in numerose scuole di scrittura creativa. Tra i vari argomenti toccati, King dedica attenzione al luogo in cui si scrive, sottolineando fin da subito l’importanza, per un aspirante scrittore, di avere un posto tutto per sé. Si può leggere quasi dovunque, ma per quanto riguarda la scrittura, le scrivanie con separatori delle biblioteche, le panchine dei parchi e le sistemazioni temporanee dovrebbero rappresentare l’ultima spiaggia. Non c’è bisogno di un arredamento da villa di Playboy o uno scrittoio d’epoca a serrandina dove riporre gli strumenti del mestiere. Il vostro può essere un angolo modesto (anzi, forse è preferibile che lo sia, come credo di avere accennato), con un solo particolare davvero necessario: una porta che siete disposti a chiudere….
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I luoghi della scrittura
Molti insegnanti di scrittura creativa, per motivare i propri studenti a esercitarsi con costanza, consigliano di creare un ambiente più confortevole possibile dove scrivere. Un tavolo su cui può trovare spazio tutto quello che ci serve, una sedia comoda, una stanza ben illuminata. Può essere utile anche l’abitudine di immaginarci, durante le nostre giornate, seduti in quel posto a scrivere. Visualizzarci lì, con un sottofondo musicale tanto rilassante quanto stimolante, e con accanto un caffè bollente, o una tisana, o un bicchierino di amaro, accrescerà il nostro desiderio di scrivere, e ci aiuterà a cogliere ogni occasione per farlo, evitando di rimandare. Personalmente, il mio luogo ideale per scrivere è una stanza in cui, pur avendo a disposizione tutto ciò che può servirmi, sono costretto a scrivere. Cerco di spiegarmi meglio tramite un esempio: a volte, mentre scrivo, sento la necessità di accendere la televisione per seguire un notiziario, o una partita, o semplicemente per sentire una voce. Perciò nella stanza dove scrivo abitualmente deve esserci un televisore, altrimenti sarò costretto a lasciare la stanza. Di contro, però, non devo distrarmi troppo dalla scrittura, e allora il televisore sarà posizionato di sbieco rispetto alla scrivania, così che un po’ lo…
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Raymond Chandler, l’autore che ha ridefinito il giallo
Ogni appassionato del genere giallo dovrebbe concedersi il piacere di avventurarsi tra le storie raccontate da Raymond Chandler. Chandler, nato a Chicago nel 1888, criticava la mancanza di realismo nel romanzo giallo tradizionale, e seguì la strada della narrativa hard boiled, caratterizzata proprio da una rappresentazione realistica della violenza. Attenzione, però: Raymond Chandler è molto più che un autore di descrizioni efferate. Le sue storie, ambientate tra gli anni Trenta e i Quaranta nell’area di Los Angeles (le fittizie Bay City, Gray Lake e Idle Valley corrispondono rispettivamente a Santa Monica, Silver Lake e la San Fernando Valley), sono pervase oscurità e cinismo (una delle citazioni che rende meglio quest’atmosfera è Nella vita non è mai il buono a tenersi la ragazza). Tra i suoi personaggi, oltre a criminali di professione, spiccano politici e poliziotti corrotti, figli disposti a tutto pur di mettere quanto prima le mani sull’eredità paterna, ricattatori occasionali che sperano di sfruttare un’occasione propizia per sistemarsi a vita, truffatori maestri dell’inganno. A cercare di mettere ordine in questo cupo universo narrativo è, in genere, un outsider. Il più famoso protagonista creato da Chandler è Philip Marlowe (interpretato sul grande schermo, tra gli altri, da Humphrey Bogart, Elliot Gould…
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